“Chiunque abbia esaminato, in maniera anche superficiale, un mazzo di carte dei Tarocchi, sicuramente deve aver avuto l’impressione di un insieme di immagini che esulano dal comune. Impressione forse fuggevole, ma profonda. Lo stesso accade ad un uomo che entri in un tempio di culto a lui sconosciuto: vi trova molti oggetti per lui nuovi, la cui forma ed il cui aspetto lo stupiscono, il cui significato ed il cui fine gli sfuggono. In principio è tentato di beffarsi o di sorridere sdegnosamente delle strane cose che attirano la sua attenzione. Ma, nello stesso tempo, si produce in lui un’esitazione intellettuale, il preludio di un dubbio, l’inizio di un’impressione, il germe di una convinzione nascente nel suo spirito, che sotto questo insieme di apparenti assurdità si nascondano delle idee, dei sentimenti, delle certezze religiose, che gli mancano o che sono differenti dalle sue proprie, ma che si presentano al suo animo come degne di rispetto e profondamente umane. (….)
Comparabile a questa esperienza, anche se di un ordine spirituale meno elevato, è l’impressione che si riceve esaminando un mazzo di Tarocchi. Se ne trae un «non so che», una vaga inquietudine intellettuale, un’irritazione per queste immagini assurde, infantili, interconnesse, inframmischiate… E, nello stesso tempo, è come se il seme, di una semenza che non si può sradicare, sia stato infuso nello spirito, l’embrione del dubbio che queste immagini siano interpreti di verità profonde, di Conoscenze nascoste, e che siano delle piccole finestre aperte sull’Inconscio, sull’Infinito.”
Gerard Abraham Van Reijnberk da il trattato "I Tarocchi, Storia, Iconografia, Esoterismo" (1947)
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