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JUNG E L'I CHING





Io non conosco il cinese e non sono mai stato in Cina. Posso assicurare il lettore che davvero non è molto facile trovare il giusto accesso a questo monumento del pensiero cinese, così infinitamente diverso dai nostri modi di pensare. Per capire in generale di cosa tratti un simile libro è imperativo buttare a mare certi pregiudizi della mentalità occidentale. […]
Il modo in cui l’Yi Jing tende a considerare la realtà implica un giudizio poco favorevole per i nostri procedimenti causalistici. L’istante che sta sotto osservazione appare all’antica visione cinese più come un colpo di fortuna che come il risultato ben definito di catene causali concorrenti. […]
Mentre la mentalità occidentale pone ogni cura nel vagliare, pesare, scegliere, classificare, isolare, l’immagine che il cinese si fa del momento racchiude ogni cosa fino al più minuto e assurdo particolare, perché l’istante osservato è il totale di tutti gli ingredienti. […]
L’inventore dell’Yi Jing, chiunque sia stato, era convinto che l’esagramma elaborato in un dato momento coincideva con questo momento anche nella qualità, e non soltanto nel tempo. Per lui l’esagramma era l’esponente del momento in cui si realizzava […] in quanto l’esagramma era concepito come un indicatore della situazione essenziale prevalente al momento della sua origine.
Questa teoria implica un certo strano principio che io ho denominato sincronicità, un concetto che formula un punto di vista diametralmente opposto a quello della causalità. Quest’ultimo, essendouna verità meramente statistica e non assoluta, è una specie di ipotesi di lavoro sul modo in cui gli eventi evolvono l’uno dall’altro, mentre la sincronicità considera particolarmente importante la coincidenza degli eventi nello spazio e nel tempo, scorgendovi qualche cosa di più che il mero caso, e cioè una peculiare interdipendenza degli eventi oggettivi tra loro, come pure tra essi e le condizioni soggettive (psichiche) dell’osservatore o degli osservatori. […]
Il punto di vista cinese non si cura dell’atteggiamento che assumiamo di fronte ai responsi
dell’oracolo. Siamo perplessi soltanto noi, giacché inciampiamo sempre di nuovo nel nostro
pregiudizio, ovvero nella nostra nozione di causalità. L’antica saggezza dell’Oriente dà la debita importanza al fatto che l’individuo intelligente chiarisca i propri pensieri, ma non ne dà nessuna alla maniera in cui lo fa. Quanto meno si pensa alla teoria dell’Yi Jing, tanto meglio si dorme. […]
L’Yi Jing non si fa avanti con dimostrazioni e risultati, non fa l’imbonitore di se stesso, né è facile avvicinarglisi. Quasi fosse una parte della natura, aspetta di essere scoperto.

-Carl Gustav Jung, dalla prefazione all’edizione inglese dell’Yi Jing, 1949-




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